CONTENUTI
- Fermatevi e guardate: Barabba e Disma. Terza parte del ritiro del Venerdì Santo 2021 che don Paolo Di Gennaro ha tenuto ai seminaristi della Fraternità san Carlo.
- Brano del libro Maïti. Resistenza e perdono di Maïti Girtanner e Guillame Tabard
VOCI
- Carlo Quattri
- Paolo Di Gennaro
- Daniele Bonanni
PER APPROFONDIRE
Leggi il testo del ritiro di don Paolo Di Gennaro Fermatevi e guardate.
La testimonianza di Maïti Girtanner letta da Daniele Bonanni
Al telefono, si presentò con una voce neutra: «Ero medico durante la guerra… non so se vi ricordate…» Sì, mi ricordo!
Quanto toccò a me balbettai: «Ma perché volete rivedermi? Perché ora? Cosa abbiamo da dirci? Come mi avete trovata?»
«Avete ragione, ne parleremo» rispose lui.
La sua voce era calma, quasi dolce, completamente all’opposto delle intonazioni brutali e metalliche che mi risuonavano ancora nelle orecchie.
Accettai di rivederlo. Mi annunciò la sua visita nel pomeriggio.
Non si preoccupò troppo dei preamboli.
«Ho un cancro. L’ho appena saputo. Sono condannato. Il mio medico mi ha detto che non mi restano più di sei mesi da vivere». Parlava con voce sommessa, gli occhi fissi nel vuoto, non osava incrociare il mio sguardo.
Si fece un lungo silenzio. Si girò allora verso di me, aggiungendo: «non ho mai dimenticato ciò che diceste ai miei altri prigionieri riguardo la morte. Sono sempre rimasto stupito per il clima di speranza che avevate instaurato anche se le vostre prospettive non erano per niente incoraggianti. Adesso ho paura della morte. Desidero capire meglio». Evocò quei mesi di prigionia sotto la sua custodia dove mi sforzavo di risvegliare la fede in Dio nei miei compagni di prigionia, la fiducia davanti alla sofferenza e alla morte, alla speranza nella vita eterna dove il male sarà vinto per sempre.
Impercettibilmente, la conversazione scivolò dal terreno storico a quello spirituale. Avevo la sensazione che il rammarico che cominciava ad esprimere rispetto alle sue azioni fosse sincero. Ora volevo che facesse un passo in più:
«E adesso?», gli chiesi.
Sospirò alzando le spalle: «Voi parlavate del paradiso promesso da Dio. Sono di origine cristiana, sapete. Credete ci sia un posto per la gente come me in paradiso?»
«C’è posto per tutti quelli che, qualsiasi sia il peso del loro peccato, accetteranno d’accogliere la misericordia di Dio. È per questo che Cristo ha donato la sua vita per noi. E se è andato fin sulla croce, è proprio perché il prezzo da pagare era elevato. Ma proprio perché Lui è salito fino a là, possiamo avere fiducia. Durante il suo ultimo respiro, è a voi personalmente, è a me personalmente che pensava. Mai ha abbandonato l’amore folle che nutre per voi. Anche quando voi eravate il più lontano da Lui».
Improvvisamente, si alzò, si avvicinò al mio divano e si chinò verso di me. I suoi occhi erano lucidi, le sue labbra tremavano. Con un soffio di voce, mormorò:
«Perdono. Vi chiedo perdono.»
Istintivamente, presi il suo viso tra le mani e lo baciai sulla fronte.
In quel momento, ho saputo che l’avevo veramente perdonato.
Attraverso questo episodio incredibile, il Signore mi prendeva in parola. Nel tempo in cui non potevo più far correre le mani sulla tastiera del pianoforte, compresi che il perdono era uno spartito da suonare a quattro mani, con Dio. Senza di lui, senza la percezione costante della sua presenza al mio fianco, non avrei mai potuto sopportare lo shock di quel confronto quarant’anni dopo. Ma Lui, onnipotente, sceglie di passare attraverso degli esseri limitati, poveri e peccatori, per riunire gli uomini. A più di sessant’anni, ne ho avuto un’esperienza viva. Quella che mi ha donato la pace e la gioia.
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