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Previati Calvario-06



CONTENUTI

  1. Riflessione sull’inizio della pandemia registrata da Antonio Anastasio il 21 marzo 2020.
  2. Duerme Niño, parole e musica di Antonio Anastasio.
  3. Momento di frizzi alla vacanza della Fraternità san Carlo, registrato il 9 agosto 2013.
  4. La festa sta per cominciare, parole e musica di Antonio Anastasio.

VOCI

  • Giovanni Fasani
  • Antonio Anastasio

PER APPROFONDIRE

Il testo della riflessione di Antonio Anastasio:

Dal 23 febbraio siamo chiusi in casa. Progressivamente, sempre più chiusi in casa. Continuiamo a lavorare con i mezzi della tecnologia. Noi preti vediamo le persone su Skype, facciamo gli incontri su Zoom e le notizie di tante persone, ma anche di diversi amici, ci giungono dal fronte, dagli ospedali. Siamo improvvisamente entrati in un mondo nuovo? Siamo passati dal giorno alla notte? Cosa è successo? Perché è successo? Certamente non abbiamo tutte le risposte. Certamente il Mistero ha ancora molto cose da dirci; ha molto a cui educarci, attraverso quello che ci sta facendo vivere. Ma più penso al mondo in cui abbiamo vissuto fino ad un mese fa, più penso ai ragazzi, alle persone che seguo, ma anche a noi preti, soprattutto a me, più mi sembra di intuire, di vedere un centro, in tutto ciò che accade nella parola “umiltà”. Sembrava di non avere bisogno di Dio. Sembrava che la nostra bravura, la nostra capacità bastasse. Sembrava che una vita un po’ borghese potesse bastare a darci un po’ di pace. Sembrava che la nostra pace fosse nei nostri piani. Sembrava che ciò che ancora ci mancava, per essere felici, l’avremmo realizzato con il nostro perfezionamento: crescere nel lavoro; fare più soldi; avere una pensione, senza pensieri. Per molti poi quest’individualismo significava fare a gomitate, avere successo, schiacciare gli altri; decidere cos’è utile e cosa è inutile; decidere chi è inutile: gli anziani, gli handicappati, i malati terminali… Si pensava e si pensa che l’utilità della vita sia un’utilità umana, sociale. Mentre l’unica utilità della vita è il rapporto con Dio. Solo così le nostre azioni e i nostri pensieri risuonano nell’eternità: se sono collaborazione con Dio. Ecco dunque che, in pochi giorni, tutta la nostra presunzione, il nostro orgoglio, è stato palesato, ma anche schiacciato dalla realtà, dagli avvenimenti. Ci siamo scoperti impotenti. Non volevamo riconoscerlo, almeno all’inizio. “Non è possibile – abbiamo detto – è solo un’influenza!”. Non si crede in Dio, ma in tutto ciò che può salvare o giustificare il nostro vivere borghese. Tutto è andato in pezzi. Eppure molti ancora resistono. Come l’ottimismo ingenuo di chi non approfondisce niente nella propria anima e scrive sui balconi: “andrà tutto bene”. Ma questa speranza non serve a quelli che ora stanno morendo in ospedale. Se non serve a loro, nemmeno a noi. La speranza è nel rapporto col Signore del tempo e dell’eternità; è nel rapporto con lui oggi, in questa condizione, come in ogni condizione. Non eravamo, non siamo umili, per questo avvertiamo tutto il dramma dell’umiliazione. Ha detto un Padre della Chiesa: «Nel momento dell’umiliazione ti vedrai davanti ad essa come un bambino che non sa dove sbattere la testa. Tutto il tuo sapere sarà mutato in confusione, come quello di un bambino piccolo. Il tuo spirito, che sembrava così saldamente radicato in Dio, la tua conoscenza così precisa, il tuo pensiero così equilibrato, saranno immersi in un oceano di dubbi. Una sola cosa potrà aiutarti a vincerli: l’umiltà. Non appena tu te ne impossessi, tutto il loro potere svanisce». Ecco allora come possiamo riguadagnare questa speranza che ci sostiene; come possiamo rimettere la nostra salvezza nelle mani di chi ci salva davvero. A questo infondo serve la preghiera del Rosario: ad entrare in questa scuola d’umiltà e d’amore che è la vita umana di Gesù e di Maria. Oggi tutto ciò che è superfluo non conta già più. Conta cosa amiamo davvero; conta Ciò che ci ama e ci fa esistere per sempre. È venuto il tempo di perdere l’orgoglio e guadagnare la carità. Ma non possiamo farlo da soli, dobbiamo stare con Gesù, guardare a Lui, guardare al crocifisso: questa è l’umiltà che ci apre all’amore. Come diceva bene don Giussani in una lettera da giovane prete: «Io, nella mia prima messa, ho chiesto a lui per me un’unica cosa: che mi tenga in croce con lui. Perché l’amicizia è una tal cosa che lascia irrequieti al pensiero di essere diversi dall’amico. Bisogna essere il più possibile uguali, identici. Uniti ed impastati insieme, aderenti l’uno all’altro così come la luce aderisce ai contorni delle cose: e se Lui è in Croce, tutto l’orgoglio mio deve consistere nel sentirmi come lui». Ecco allora contempliamo il suo amore per noi, la sua umiltà nell’umiliazione. Lasciamoci commuovere da tutta questa grazia, lasciamoci rinascere nello sguardo a lui; lasciamo rinascere nello sguardo a lui la speranza delle cose grandi per cui siamo fatti e che oggi e sempre, unica, ci può sostenere.

Ascolta il disco “Sei tu”, parole e musica di Antonio Anastasio


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